Loricati in abito bianco

Loricati in abito bianco
Loricati su Serra Crispo

mercoledì 20 aprile 2011

Vagando sulle tracce dei lupi del Pollino


Ognuno è affascinato da un animale in particolare, ognuno di noi ha un animale totemico.
Generalmente si tratta di pochi animali simbolo: l'aquila, il falco, il lupo, il leone, l'elefante.
Per me questo animale è il lupo. Vive in condizioni disagiate quando non estreme, mantiene la sua individualità pur vivendo,
e bene, in un gruppo.
E' fiero e non svende la sua libertà pur essendo molto simile al cane che spesso lo fa.

Purtroppo tra cappuccetti rossi e porcellini vari hanno fatto di tutto per farcelo temere.
Se però dopo tutti questi condizionamenti il lupo continua ad ammaliare molti,
vuol dire che il suo fascino ha a che fare con qualcosa di profondo che è in noi.
Avendo dei giorni di ferie ho giocato la carta Pollino ma ero scettico, date le forti sciroccate di questa primavera anticipata, di poter fare uso degli sci.
L'inizio della settimana è un pò perturbato, con venti dominanti dai Balcani. Per cui promette bene per il mantenimento del freddo e magari anche per l'aggiunta di qualche fiocco di neve.
Il primo giorno in cui sembra che il peggio sia passato si va al Pollino e si punta verso i piani.

La prima sorpresa, positiva, è che la neve comincia proprio da Colle dell'Impiso, per cui si parte sci ai piedi. Non c'è nessuno, già normalmente con è che si faccia a spintoni, adesso poi siamo fuori 'stagione' e c'è stato maltempo.
Le uniche tracce che si intravedono sono quelle di cinghiali, volpi e... le prime del lupo.
L'impronta del lupo è simile a quella di un cane di buona taglia, la traccia differisce perché l'impronta è allineata e non affiancata.
Il lupo è costretto a fare tanti km per alimentarsi e quindi marcia in modo da ridurre al minimo la fatica.

Quindi, anche se in branco, avanza sempre in fila riutilizzando le tracce di colui che guida il gruppo ed è difficile dalle tracce capire di quanti esemplari di tratta.
Sbucati ai piani il paesaggio è surreale e fantastico, le cime non sono visibili e le nubi incombono.
Di neve invece ce n'è tanta, più di quanto mi attendessi, ed è ben compatta.
Ci avviamo verso la fascia superiore dei piani transitando vicino ad alcuni faggi letteralmente scolpiti dalle ultime bufere da NE.
Si alternano parziali schiarite a ricoperture, la visibilità oscilla tra pochi metri e poche centinaia di metri.

Ad un tratto, mentre ci troviamo ad un centinaio di metri dal bordo della parte superiore dei piani, un'improvvisa schiarita ed eccoli la, una coppia di lupi ci osserva curiosa.
Il momento è intenso ed emozionante, brividi di pura emozione. Dopo pochi secondi i lupi scompaiono, anche loro stupiti di trovarsi di fronte degli umani che hanno ben imparato a temere.
Ci avviamo, con non eccessiva fretta ;-), verso il posto dell'avvistamento e vediamo le chiare e nette impronte.

Intanto il tempo non accenna a migliorare e ci avviamo verso la grande posta a far visita a "Zu Peppe", i resti del grande pino simbolo del parco.
Ci rifocilliamo comodamente seduti sui resti del grandi rami che, a tanti anni di distanza dall'incendio, continuano a non volere crollare al suolo.
Sarà il tempo con la visibilità che oscilla da 10 a non più di 50 metri, ma la suggestione è tanta e mangiamo spalla contro spalla e sono contento di avere dietro la piccozza.

Una improvvisa schiarita fa intravedere parzialmente i pendii di Serra delle Ciavole, e sono assolutamente fantastici!
Ci avviamo allora in quella direzione, alla peggio si scenderà pian piano, non possiamo non salire in vetta, il posto lo conosco a menadito.
Si sale tra le nubi con i pini loricati scolpiti dal ghiaccio che sbucano tra le nebbie, incrociando ancora le tracce dei lupi (saranno sempre gli stessi due?).

Mi piace pensare che non siano semplicemente in cerca di cibo ma spiriti inquieti in cerca di risposte, di sicuro provo uno strano piacere nell'incrociare queste tracce, l'inquietudine di prima è sparita.
Arriviamo in cima nella nebbia totale, togliamo le pelli facciamo due foto e ci approntiamo per la discesa.
Ed ecco che Apollo in persona squarcia le nubi e ci consente una fantastica discesa in piena luce e visibilità,
sicuramente un'escursione indimenticabile, di quelle da conservare per sempre nell'album dei ricordi.

martedì 5 aprile 2011

Al Duan con gli sci.


Le escursioni in montagna andrebbero pianificate accuratamente.
La conoscenza dell'orografia del percorso che si intende effettuare, unitamente alle previsioni meteo, consentono di di ridurre i rischi ed anche di intraprendere, all'occorrenza, dei percorsi alternativi senza andare alla cieca.
Se poi si va con gli sci da alpinismo è fondamentale, oltre a conoscere l'orografia, anche avere informazioni sullo stato di pericolosità del manto nevoso nonché sulla pericolosità intrinseca del percorso.
In questo modo si possono affrontare nuovi percorsi senza correre rischi inutili.

La salita al Piz Duan è di quelle dichiarate "da affrontarsi solo con neve assestata", in primavera avanzata. Ma in quel periodo in genere è necessario portare le sci a spalla per un'ora prima di entrare nella val Maroz, per cui scoraggia i pigri. Scoraggia poi ulteriormente il lunghissimo avvicinamento per la valle prima di attaccare i pendii più ripidi.
Quella mattina il grado di rischio per valanghe era dato a 2 (in Lombardia) più alto (3) ad ovest (in Piemonte) ed ad est (Trentino e Friuli). In ragione di ciò pensavo di andare in alta Engadina.
Transitando all'altezza di Casaccia però noto sul sentiero che sale in val Maroz due persone che salgono con gli sci e faccio quindi inversione di marcia decidendo di punto in bianco di provare a salire in valle.

Se non ci sono le condizioni vuol dire che ci fermeremo alle baite di Maroz Dent, non bisogna per forza arrivare in cima ad un cucuzzolo! E poi c'è neve sin dal fondovalle, quindi si parte sci ai piedi dal parcheggio.
La nostra concezione delle sci d'alpinismo è di una attività che consente di vivere la montagna invernale facendo dei bei giri in ambiente, non ci interessa triturare millemila :-D metri di dislivello l'ora (le gambe sono quelle che sono) e ridiamo dei personaggi in tutina fosforescente e camel bag (ma avranno anche un catetere per non fermarsi a fare pipì)?
Si parte quindi per il sentiero, tagliando qui e la nel bosco, fino a giungere all'ingresso della valle.

Ci accoglie il palo segnaletico sepolto dalla neve, fuoriesce solo la freccia sommitale. Ci rendiamo anche conto del perché il percorso che va al Septimer è dato come a forte rischio valanghe, è ripidissimo e le valanghe hanno già scaricato tutto in valle. Anche la sinistra orografica della valle, da cui risaliamo sulla traccia dei nostri predecessori, è invasa da resti di valanghe scese dai ripidi versanti sud su cui la neve è però assolutamente assestata.
Più ci si addentra nella valle e più si sente di essere in un mondo a parte, anche se siamo a pochi km in linea d'aria dalla strada per S.Moritz c'è un forte senso di isolamento che già avevamo assaporato l'estate scorsa quando, in una escursione di 11 ore, avevamo incontrato solo due persone salendo il Duan, scendendo per la cresta Ovest e riattraversando poi tutta la valle.

Alle baite ci rendiamo conto che c'è da scendere prima di riprendere a salire. Se non avessimo davanti un gruppo di quattro persone credo la nostra escursione finirebbe qui, a prendere il sole e fare un picnic. Invece, con una traccia battuta, come si fa a fermarsi?
Proseguiamo quindi e notiamo che il gruppo ha tentato la salita al passo della val Erta (nome adeguato) abbandonando e riprendendo la traccia verso il Duan, dopo una cinquantina di metri di dislivello. Hanno evidentemente valutato come pericoloso il pendio (ma l'altro non è che sia meno ripido).
Segno comunque di prudenza; tra l'altro riprendendo la salita sui versanti esposti a N mi rendo conto che ci sono almeno 40 cm di neve farinosa. Mi rendo anche conto che invece di seguire il percorso indicato in tutte le relazioni (sulla sinistra orografica della valle, passando per la località indicata come Magnocca ) puntano chiamante sull'altro versante, seguendo il tracciato del percorso estivo che percorre una sponda tra il ripido canalone e l'ancora più ripida sponda ad E del lago della Duana.

Segue una sorta di cresta dovrebbe essere abbastanza sicura, anche se però potrebbe essere spazzato da valanghe che arrivano dall'alto. Lassù comunque non c'è nessuno per cui ci fidiamo del fatto che non ci saranno distacchi spontanei.
Continuiamo quindi a seguire la traccia, ripida ed in bilico tra due pendii, tanto invitanti quanto pericolosi e da evitare quindi in discesa.
Arrivati quasi in cima al pendio ci incrociamo con le persone che hanno cominciato la loro discesa.
Ci chiedono se pensiamo di andare in cima e confermiamo che ci fermeremo a breve anche noi. Gli faccio fare una risata perché loro dicono che dovremmo offrirgli da bere per la traccia che ci hanno fatto ed io gli rispondo che semmai si stanno prendendo le maledizioni di Caterina che fatica a proseguire e sa che, senza traccia, ci saremmo fermati da un bel pezzo.
Si raccomandano di non uscire dalla fascia di salita al ritorno e proseguono con la discesa.
Raggiungiamo al cima che sovrasta il Lago della Duana dopo aver superato le ultime ripide rampe con la neve inconsistente che non facilita la salita e chiudiamo qui l'escursione.
Il panorama è magnifico, il ghiacciaio del Duan è intonso, per arrivare in cima ci vorrebbero almeno altre due ore.
Ci rifocilliamo e ci avviamo in discesa con un pò di preoccupazione. Il senso di isolamento è fortissimo, le uniche tracce umane che si vedono solo baite (disabitate) di Maroz Dent, ci siamo solo noi e non c'è segnale telefonico.
Non si devono commettere errori di sorta.
Dopo le prime curve però le preoccupazioni lasciano il posto alla gioia delle curve in neve farinosa. Si galleggia sugli sci con la neve fino alle ginocchia, la discesa è veramente fantastica fino al pianoro che precede le baite. Qui bisogna risalire una quarantina di metri prima di riprendere la discesa.

Più in basso passiamo su accumuli di valanghe e qualche tratto di neve crostosa, un'altra piccola risalita e quindi giù per il bosco fino al parcheggio.
Per radio sentiamo le notizie della giornata, un morto per valanga in Piemonte, un altro in Friuli. Un esperto polemizza dicendo che in una giornata così non si dovevano fare escursioni sci-alpinistiche (ma se il bollettino dava un livello 2 di pericolosità sia in Lombardia che nei Grigioni!) Di certo una regola che valga per tutte le zone non può esserci. Siamo stati saggi o solo fortunati?