Loricati in abito bianco

Loricati in abito bianco
Loricati su Serra Crispo

martedì 20 agosto 2013

Arrampicata sul monte Alpi. Più alpinismo di così!

Alla fine della via, comincia la parte più ignota

Pochi giorni dopo una escursione sul Monte Alpi,  giunge notizia dell'arrivo di un amico in visita dal nord.
Visto l'orario di arrivo (le 6 con autobus da Milano) colgo l'occasione per ritornare sul "luogo del delitto" per fare la nuova via di Ferranti sul monte Alpi, la "Stellina delle Alpi".
Sfruttando la partenza di buon ora si percorrerebbe infatti tutta la via all'ombra, che risulta quindi piacevolissima anche in piena estate.
La via nella prima parte è parallela alla più nota Via della Continuità. Dove servono si trovano buoni chiodi e cordini (di qualcuno di questi forse non è meglio fidarsi troppo e fare uso dei propri).
I primi tiri sopra il ghiaione di attacco.
Fare una via di questo tipo dà soddisfazioni diverse rispetto alla falesia.

Non c'è magari l'alta difficoltà, ma c'è il gusto di cercarsi il percorso, una sorta di caccia al tesoro consistente in chiodi e cordini.

Il gusto di cercare l'albero od il sasso o la fessura giusti su cui mettere la propria propria protezione intermedia (che rimuoveranno gli altri
componenti della cordata).
La soddisfazione di avere intuito il percorso giusto, rientrando in sintonia con il primo apritore.

Infine, soprattutto, il trovarsi in ambiente, tra canaloni selvaggi dove passano solo pochi appassionati, tra loricati abbarbicati alle rocce
con il silenzio interrotto magari dall'improvviso fischio di un rapace che ti sfreccia pochi metri sulla testa.

Si crea poi, nel salire in cordata in ambiente, un'intesa particolare tra i componenti.
Non solo ci si capisce con un cenno, ma si crea una sorta di spazio parallelo in cui si smette di essere quelli che si è nella vita "a terra", ridiventi l'animale primordiale che esplora un ambiente nuovo con le cautele del caso ma anche con l'emozione della scoperta fatte man mano.    
La "stellina" sulla stupenda placconata che precede l'anfiteatro.
In alto s'intravede l'inizio del canalone.

Dopo l'ultima stupenda placconata ci ritroviamo nell'anfiteatro dove bisogna ricongiungersi all'altra via.

Sono già stato due volte qua, eppure sembra un posto del tutto nuovo, basta un'angolazione diversa
e tutto sembra diverso.
Traversata la cengia vedo verso i cespugli dove dovrebbe esserci una calata.

La trovo e solo in quel momento ho la certezza di essere al posto giusto!
A questo punto cedo il comando della cordata all'ospite dandogli le indicazioni sull'ubicazione dei
prezioni chiodi (che non sono molto evidenti, ma così che gioia quando li stani).

Si entra nel canalone tra lastre a 'franapoggio'.
Due  tiri nel canalone e siamo alla campanella, dove la maggior parte di quelli che fanno le vie fanno dietro-front, non per la difficoltà della salita quanto per la precarietà della discesa.

Dopo questa c'è un muretto fisico e polveroso che si merita in pieno un bel VI (ma volendo si può azzerare aggrappandosi ad un provvidenziale cordone).

Segue un tiro in diagonale verso destra dove l'arrampicata sconfina nel tree climbing, qui riprendo la guida perchè ero memore del fatto che era difficile imbroccare l'uscita giusta, ed il terreno è infido e presenta
dei blocchi instabili.


Lottando tra rocce e rami arrivo alla 'sosta' ricavata con cordoni vecchiotti su
un residuo di loricato ancora più consunto. Da questo, volendo calarsi in doppia, bisognerebbe puntare ad un altro loricato, ben più solido che svetta una trentina di metri sulla campanella.
Una doppia da albero ad albero, buona per Tarzan!



La provvidenziale sosta loricata. Quanto resisterà ancora?

E' vero che i loricati sono coriacei, ma in questo caso il terreno a cui è avvinghiato il nostro
non è compattissimo, infatti Fabrizio, reso edotto della situazione, approva in pieno la mia idea
di proseguire corda in spalla fino in cima.

Un pratone ripido, un'ultima balza rocciosa, ed arriviamo all'ultimo loricato,
fine ufficiale della via.

La riluttante ma sempre presente Caterina.
Sembra che finanche si diverta!

Aggiorniamo il libro di vetta (per la verità non risultano molte ripetizioni, siamo forse i frequentatori
più assidui assieme agli apritori) e poi ci liberiamo di imbraghi, corde e ferraglia varia.
Dopo una sosta ristoratrice, ci avviamo verso l'alto per pratoni ripidissimi e crestine rocciose.

Una coppia di rapaci (sembrano avvoltoi o gipeti ) ci sorvola lentamente.
Ad un certo punto nel canalone, alla nostra sinistra, vediamo un vitello che deve essersi affacciato
a curiosare ed è precipitato sotto, magari spaventato da uno dei temporali dei giorni scorsi.
C'è da saziare legioni di avvoltoi, chissà se non si presenterà a pranzo anche qualche lupo.
La vista è un pò inquietante e ci esorta ad avanzare con circospezione e cercare con cautela il percorso di salita.


Vediamo un po chi è passato da queste parti
Qua ovviamente non c'è nessun segnale visibile, dopo un pò si capisce ad occhio che la salita
diretta non è fattibile, tagliamo il canalone e risaliamo per la cresta parallela,
per erta salita con diversi passi di I/II ma senza passaggi obbligati.

Sbucati infine sul crestone NO proseguiamo verso la vetta mentre a N incombono dei grossi cumuli rombanti
di tuoni. Ci avviamo quindi velocemente verso il ripido pendio S contando sul fatto che nel sottostante bosco
ci sarà di certo una traccia di sentiero che riporta ai pascoli sotto l'attacco della via.





L'infido canalone di uscita.
La via di roccia finisce sui pini in basso a sinistra.

Il sentiero c'è, ma non è evidente e facciamo vari tentativi, per tracce lasciate da animali al pascolo, fino a trovare quella giusta.

Arriviamo infine alla macchina dopo 10 ore che stiamo in giro, soddisfatti e pronti per la prossima avventura di domani, un rinfrescante Raganello!  

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