Loricati in abito bianco

Loricati in abito bianco
Loricati su Serra Crispo

sabato 14 dicembre 2013

All'Acquafraggia in un inverno anomalo.

Il lago gelato dell'Acquafraggia

Quando la neve scarseggia ci sono frotte di sci-alpinisti che girano come bestioline impazzite alla ricerca di fazzoletti di neve su cui far scorrere i loro sci.
Ci sono quelli che si sfogano risalendo qualche pista preparata ma non aperta.
Altri che si adattano a concatenare conche innevate con tratti erbosi su cui strisciare con le amate pelli.
Generalmente poi i posti praticabili sono pochi e quindi risultano anche sovraffollati.
In attesa di un pò di sana neve decidiamo di lasciare gli sci a riposo e di fare un percorso con vista sulle nord della Bregaglia.
A Piuro però ci accorgiamo di aver dimenticato a casa i documenti, ripieghiamo quindi sull'Aquafraggia.
Lasciamo il fondovalle ricoperto di brina e gelo, man mano che si sale sale anche la temperatura.
Savogno ed il fondovalle nel gelo
Superato Savogno ci rendiamo conto che la valle resta comunque in ombra ancora per un lungo tratto. Raggiungiamo quindi l'agognato sole a quota 1400 circa, in corrispondenza di alcune baite.
Il sentiero in alcuni tratti è ricoperto da uno spesso strato di ghiaccio su cui è impossibile stare in piedi, bisogna aggirarli in qualche modo.
Ci sono diverse cappellette che che testimoniano l'uso che se ne faceva per il transito del bestiame ai pascoli alti. Il rapporto con la montagna non era certo idilliaco, si trattava di fatica e sofferenza, pura sopravvivenza. Non si celebrano la gioia e la bellezza delle alte quote (lusso riservato a chi sale per diletto e con la pancia piena). Semmai si cerca di invocare la protezione dai pericoli e la riduzione al minimo dei danni "Cari Gesù,Giuseppe e Maria, aiutatemi nell'ultima agonia".
Una delle cappelle votive lungo il percorso

A proposito di pericoli, un improvviso boato e vedo rotolare giù dei massi.
Uno della dimensione di una lavatrice passa sul sentiero un centinaio di metri davanti a noi.
Il sole scaldando la parete ha "scollato" i sassi dal ghiaccio che a sua volta li aveva separati dalla roccia madre. La natura lavora in silenzio, ma poi mostra all'improvviso la sua forza.
I nostri sensi si acuiscono, tesi a percepire ogni minimo rumore. Capisco i camosci che si muovono sempre circospetti e con le orecchie ben tese. Loro devono guardarsi non solo dalla natura, ma anche dai cacciatori.
Traversiamo velocemente il canale su cui hanno scaricato i sassi, alla fine un altro rombo, stavolta però è una colonna di una cascata di ghiaccio che è crollata.
Un'ultima serie di rampe erbose e siamo al lago.
Questo è completamente ghiacciato, ma sotto si sente ancora scorrere acqua. Ogni tanto il ghiaccio in superficie si tende e si assesta emettendo dei cupi rimbombi. Come faranno le trote a sopravvivere al buio la sotto per i prossimi 5 mesi?
Attorno c'è solo silenzio e vuoto, 2000 metri in basso c'è un tripudio di mercatini e luci natalizie, e qui sembra di stare in una zona remota del Tibet.
Dopo uno spuntino ci avviamo in discesa, decidiamo di fare la traversata verso Corbia.
L'alpeggio di Corbia
Ci tocca quindi di riattraversare proprio sotto la zona delle cascate di ghiaccio.
Confidiamo nel fatto che ora la zona è in ombra da un pò, quindi quello che doveva cadere è caduto.
Il passaggio inoltre è più  in alto, il tratto a rischio è quindi più breve, circa 50 metri.
Da li ci rendiamo conto che il percorso è più lungo del previsto, con una serie di saliscendi si attraversano diversi canalini innevati su cui fare attenzione.
Il sentiero è stato praticato da animali che, evidentemente, lo usano come passaggio tra i due versanti della valle al riparo dalle presenze umane. Una piccozza ed un pezzo di corda farebbero comodo, sono lì che riposano nel cofano della macchina. Il conforto sarebbe solo psicologico, però darebbero tranquillità.
L'ultimo sole sul Piz Badile

 

E' però dall'inquietudine e dalla tensione che nascono una maggiore attenzione e senso di se e dei pericoli che ci circondano. Si tratta di trovare un giusto equilibrio tra i due estremi, abituandoci mentalmente a pensare che, senza appendici tecnologiche, siamo ancora capaci di stare in piedi.
Finalmente il sentiero comincia a scendere decisamente e la neve sparisce, raggiungiamo così le prime baite sopra Corbia. E' un posto veramente speciale, un prato sospeso sulla Bregaglia con vista magnifica sulla catena. Da Cengalo e Badile (che ostenta una magnifica parete Ovest illuminata dal sole che volge al tramonto) fino al Gruf, al Pizzo di Prata, e giù il piano di Chiavenna, e di là le Lepontine tra Ledù e Forcola.
Lapide commemorativa di partigiani caduti il 20/4/45
Questi prati continuano a prendere il sole per ore, quando in valle le ombre non sono ancora andate via o sono già ridiscese. Un posto da meditazione.
La discesa verso Dasile è complicata da uno spesso strato di foglie che nasconde il sentiero. Non sono state bagnate da molta pioggia, ci penserà la neve dell'inverno a schiacciarle a terra.
Dopo Dasile il sentiero è fortunatamente più comodo, pur avendo la frontale non ne facciamo uso, la luna è sufficiente ad illuminarci il cammino e a guidare gli ultimi non più baldanzosi passi verso il fondovalle da cui la brina non è mai andata via.

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